Conosciamo le intolleranze alimentari

Conosciamo le intolleranze alimentari

Conosciamo le intolleranze alimentari. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, circa l’8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta, soffre di “reazioni avverse ad uno o più cibi” che si manifestano con sintomi gastrointestinali: dolori addominali, crampi, diarrea, vomito e oggi 7 italiani su 10 non digeriscono il lattosio, mentre un italiano su cento soffre di celiachia».

Le intolleranze alimentari sono, quindi, sempre più diffuse in Italia e sono un fenomeno in crescita in tutto il mondo Questi dati, però, portano a chiedersi il perché dell’aumento di questo fenomeno.

Nel secolo scorso il genere umano si è dovuto adattare ad importanti cambiamenti sia ambientali che sociali.

I fattori ambientali, che contribuiscono a rendere il fenomeno sempre più diffuso, sono molteplici; lo sviluppo della tecnologia agricola e industriale hanno rotto l’ equilibrio della biosfera e i trattamenti chimici, i concimi, gli ormoni e gli antibiotici con cui viene trattato il bestiame negli allevamenti oltre ad alterare il suolo impoverendolo di sostanze utili, crea un accumulo di sostanze nocive.

I fattori sociali riguardano alcuni aspetti tra cui la scelta di abbreviare la durata del periodo dell’allattamento al seno materno per introdurre il latte artificiale e anticipare lo svezzamento; l’abitudine di fare uso di prodotti industriali pronti al consumo, e l’introduzione di cibi esotici.
Questi cambiamenti ambientali e sociali sono rapidissimi, mentre quelli genetici sono molto lenti.

Il nostro intestino, dal punto di vista evolutivo, è un organo antico, che risale ad almeno 500 milioni di anni fa, e nel suo sviluppo evolutivo ha creato connessioni con il resto dell’organismo che sono molto profonde e complesse.

Il meccanismo di produzione delle difese immunitarie, che ha origine nell’intestino, risente delle conseguenze di una cattiva alimentazione, di una insufficiente digestione o di carente assimilazione dei nutrienti fondamentali, che si ripercuotono su tutti gli organi compromettendone le funzioni. I geni antichi da noi posseduti non riconoscono quindi gli alimenti moderni e creano “intolleranze” che si manifestano in modo molto diverso da individuo a individuo.

Le intolleranze coinvolgono il sistema immunitario e sono dovute ad un sovraccarico che deriva dall’ingestione continua di alimenti non ben metabolizzati.

Quando veniamo a contatto con un alimento che il nostro organismo non tollera più gradualmente le funzioni digestive vengono compromesse e i sintomi si possono manifestare anche alcuni giorni dopo il contatto con gli alimenti. I sintomi, soprattutto, si possono manifestare in modi che non fanno pensare direttamente al cibo ingerito e possono verificarsi fino a 72/96 ore dopo l’ingestione dell’alimento non tollerato.

Il meccanismo che scatena le intolleranze va dunque ricercato in un’alterata reazione del sistema immunitario che riconosce come dannosi ed estranei alcuni alimenti. Si parla quindi di intolleranze quando non vi è produzione di IgE, quando le reazioni non sono immediate (fino a 72 ore dopo) e quando i sintomi e le malattie si sviluppano in una qualsiasi parte dell’organismo.

I tipi di intolleranze alimentari sono molte, ma quelle più diffuse sono quella al glutine, quella al lattosio e quella al nichel.

Studi medici hanno stimato che l’1% della popolazione mondiale è celiaca.
La celiachia è una malattia che causa danni all’intestino tenue dovuti a una forte reazione allergica al glutine, una proteina che si trova nel grano e nei suoi derivati.

Anche le persone che non sono celiache possono, però, mostrare reazioni intestinali o immunitarie al glutine dopo avere ingerito alimenti contenenti questa proteina come pane, pizza e pasta ecc… In questo caso si parla di intolleranza al glutine può presentare sintomi come dolori e gonfiore addominale, diarrea, emicrania.

L’intolleranza al lattosio è l’incapacità dell’intestino di scindere lo zucchero complesso lattosio che si trova nel latte di mucca, di capra, di asina oltre che nel latte di donna, in due zuccheri semplici: il glucosio e il galattosio che sono assorbibili dall’intestino. Questa incapacità è data dalla mancanza totale o parziale di un enzima (lattasi) che si trova a livello della superficie delle cellule che rivestono l’intestino. Se non viene digerito, il lattosio che rimane nel lume intestinale viene fatto fermentare dalla flora batterica presente nell’intestino stesso creando problemi intestinali.

L’ intolleranza al nichel, negli ultimi anni sta aumentando in modo esponenziale. Il nichel, è un solfato, è presente in moltissimi alimenti

Anche se in concentrazioni diverse. Ci sono alimenti ad alto contenuto di nichel tra cui: il pomodoro, il cacao in polvere, il cioccolato la frutta secca in genere, i crostacei, i kiwi, pere, prugne, uva e uva passa, soia , i legumi ecc…

E ci sono alimenti cibi a basso contenuto nichel tra cui la carne, alcuni tipi di pesce latte e derivati ecc…

Non si hanno indicazioni in merito al fabbisogno giornaliero di nichel. Per cuocere i cibi sono indicate le pentole di ghisa, di alluminio anodizzato oppure di acciaio inox garantito senza nichel (18/c), quelle di terracotta e quelle in vetro temperato. L’ultima novità nel mondo degli antiaderenti è costituita dai rivestimenti antiaderenti a base di titanio senza Nnchel e senza metalli pesanti

Questo metallo, molto diffuso in natura, è però presente un po’ dovunque e in quasi tutte le cose con cui veniamo a contatto, anche dove non ce lo si può immaginare: nelle monete, nell’acqua del rubinetto, nei tegami, nei rossetti e così via…

In presenza di intolleranza spesso si giunge a un netto miglioramento dei sintomi con una dieta di eliminazione, che evita tutti gli alimenti a più alto contenuto di nichel, e a seguire con una dieta di rotazione dei cibi.

I sintomi dell’intolleranza al nichel sono nausea, diarrea, prurito, asma, foruncoli, malessere generale, stanchezza, mal di testa, sovrappeso tendenza ad ingrassare senza un motivo; tutti sintomi molto generici che non aiutano il medico nel fare una diagnosi.

Fondamentale per una corretta diagnosi è l’anamnesi: il racconto fatto dalla persona interessata è fondamentale, così come è importante che segnali se comparsa dei sintomi è successiva all’ingestione di alimenti ad alto contenuto di nichel.

In una società come la nostra, che pone sempre più attenzione alle correlazioni tra alimentazione e benessere, e che contemporaneamente vede aumentare i problemi legati a un apporto eccessivo e/o squilibrato di cibo, è di fondamentale importanza avere come obbiettivo il miglioramento della propria salute ponendo attenzione a ciò che mangiano e ricordarsi sempre che come dice il titolo di una trasmissione televisiva…“La salute vien mangiando”!

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